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Anatolij Bukreev - Gary Weston Dewalt, collana I Licheni n°103
Vivalda Editori, 2011
Il 10 maggio 1996 due spedizioni raggiunsero faticosamente gli 8.848 metri della cima dell’Everest. Il ritorno fu drammatico e cinque persone persero la vita in una bufera di inaudita violenza. La tragedia avrebbe raggiunto dimensioni maggiori senza l’intervento della guida russa Anatolij Bukreev, che da solo nella tormenta, di notte, senza ossigeno, riuscì a portare in salvo tre persone. Un’azione di salvataggio senza precedenti, al di là delle possibilità fisiche e umane conosciute.
Everest 1996 non è solo la cronaca puntuale, documentata e avvincente della salita, ma è anche l’esposizione del conflitto profondo tra due modi di intendere l’alpinismo d’alta quota, nello scontro di uomini e culture che parlano linguaggi diversi, messi drammaticamente alla prova sulla più alta vetta della terra. Everest 1996 è anche il tributo di verità che dobbiamo a uno dei più forti scalatori di ottomila dei nostri tempi.
Anatolij Nikolaevic Bukreev, morto a 39 anni nel 1997, travolto da una valanga sull’Annapurna, è stato uno dei più grandi scalatori d’alta quota della fine del secolo scorso. Nativo di Korkino, negli Urali e residente ad Alma Ata nel Kazakistan, dopo la disgregazione dell’Unione Sovietica ha vissuto prevalentemente negli Stati Uniti ed in Himalaya, dove ha lavorato come guida per le grandi spedizioni. Al suo attivo oltre venti salite su cime di ottomila metri, quasi tutte compiute senza ossigeno, molte da solo e in tempi record. Sull’Everest era salito quattro volte.
Gary Weston Dewalt, scrittore e regista di documentari, si occupa di diritti umani, rapporti tra uomo ed ambiente e ricerca di verità scomode. Vive tra il Nuovo Messico, a Santa Fe, e Londra.
Prezzo: 19.00€
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